Il Piano Didattico Personalizzato (PDP)
si configura come l’espressione dei cambiamenti intervenuti nella normativa scolastica degli ultimi decenni, volta ad attenzionare e a valorizzare il successo nell’apprendimento e ad affrontare le problematiche dell’abbandono scolastico. Le sue radici possono essere individuate nel primo accenno teorico-indicativo alla personalizzazione dell’apprendimento che si ritrova nell’art. 21 della legge 15 marzo1997, n°59 il quale, al nono capoverso, statuisce quanto segue: “L’autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere. Essa si sostanzia nella scelta libera e programmata di metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, da adottare nel rispetto della possibile pluralità di opzioni metodologiche, e in ogni iniziativa che sia espressione di libertà progettuale, compresa l’eventuale offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel rispetto delle esigenze formative degli studenti”. Per la prima volta, quindi, si afferma il principio del diritto di apprendere in capo a ciascun alunno, declinato sulle diversità e sulle potenzialità di ciascuno, attraverso l’adozione di tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo. |
Dai primi riferimenti normativi si è, quindi, giunti alla formulazione del PDP (legge 170/2010, Decreto Ministeriale 5669 del 2011).
Il Piano, concepito come la risposta delle scuole e delle Istituzioni ai bisogni di bambini e ragazzi con DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) e, più in generale, con BES (Bisogni Educativi Speciali), è un contratto, soggetto a flessibilità in itinere, fra docenti, Istituzione Scolastiche, Istituzioni Socio-Sanitarie e famiglia per individuare e organizzare un percorso personalizzato in cui definire i supporti compensativi e dispensativi che possono condurre alla realizzazione del successo scolastico degli alunni con le problematiche sopra citate. |
Che cos’è il PDP? |
Analizziamo le parole che compongono la definizione di Piano Didattico Personalizzato: |
PIANO: è uno “studio mirante a predisporre un’azione in tutti i suoi sviluppi”, un programma, un progetto, una strategia. |
DIDATTICO: lo scopo della didattica è il miglioramento dell’efficacia e, soprattutto, dell’efficienza dell’apprendimento dell’allievo, che comporta, quindi, una diminuzione dei tempi di studio e del dispendio di energie dell’efficacia e dell’efficienza dell’insegnamento del docente.
PERSONALIZZATO: indica la diversificazione delle metodologie, dei tempi, degli strumenti nella progettazione del lavoro della classe. |
Chi lo redige? Il team dei docenti o il consiglio di classe, acquisita la diagnosi specialistica di DSA, redige il Piano Didattico Personalizzato. La redazione del documento prevede una fase preparatoria d’incontro e di dialogo tra docenti, famiglia e specialisti nel rispetto dei reciproci ruoli e competenze. |
Quando viene redatto? La sua redazione avviene: • all’inizio di ogni anno scolastico, entro i primi due mesi, per gli studenti già segnalati • su richiesta della famiglia, in possesso di segnalazione specialistica. |
Come viene redatto? La redazione deve contenere e sviluppare i seguenti punti: 1. dati relativi all’alunno; 2. descrizione del funzionamento delle abilità strumentali; 3. caratteristiche del processo di apprendimento; 4. strategie per lo studio/strumenti utilizzati; 5. individuazione di eventuali modifiche all’interno degli obiettivi disciplinari per il conseguimento delle competenze fondamentali; 6. strategie metodologiche e didattiche adottate; 7. strumenti compensativi; 8. criteri e modalità di verifica e valutazione; 9. assegnazione dei compiti a casa e rapporti con la famiglia |